Il Castello d'Oro

Siamo lieti di pubblicare una fiaba inedita, scritta da Lucina Cuccio e dedicata a sua figlia Silvana.


C’era una volta, tanto tempo fa, un potente regno norvegese. Il sovrano di quelle terre, amante delle ricchezze, ma soprattutto dell’oro, aveva depredato tutti i regni vicini, villaggi e città volendo accumulare favolose fortune che teneva gelosamente nascoste. Ma il suo più grande sogno era abitare in un castello tutto d’oro e così, quando aveva abbastanza del nobile metallo, ne aveva ordinato la costruzione. Ad ogni battaglia vinta, l’oro conquistato era fuso per costruire i muri, le sale, le scale, le torri dell’ambito castello. Alcuni regni d’Europa temevano il sovrano affamato d’oro ma nessuno riusciva a resistere alle potenti armate che marciavano per raggiungere le ricchezze di quei regni. Perfino i semplici cittadini, le chiese, il popolo venivano spogliato dell’oro e il castello, dopo pochi anni, era quasi ultimato. Mancava solo un pezzo di recinzione per completare la fortezza d’oro, così l’ultima battaglia per vincere l’ultimo regno appena invaso, piccolo e povero, si era conclusa con la vittoria dell’avido re. Tutte le persone furono spogliate dei miseri averi che furono portati via tramite pochi carri sorvegliati dagli armigeri conquistatori. Una delle ultime persone che avevano perso i propri averi, era un’umile vecchietta, rimasta vedova da poco. Lei e il marito si erano amati tanto, con dolcezza e rispetto e la fede che portava al dito, scambiata con il consorte, il giorno del matrimonio, le fu portata via dai soldati del re. Le dita della vecchietta erano nodose e deformi, avendo lavorato la terra per tutta la vita, così una guardia per toglierle via l’anello, le aveva tranciato di netto l’anulare. Per giorni la poveretta si era disperata, piangendo tutte le sue lacrime. Le sembrava che le avessero stato portato via l’amato marito per la seconda volta. L’anello del matrimonio era rimasto sulla sua mano per oltre cinquant’anni ed era sottile, rovinato, ma per la donna rappresentava anni di ricordi d’amore e felicità. Quella fede presto sarebbe stata fusa e unita alle altre ruberie, per completare la recinzione del castello del re. La vecchietta morì, poco tempo dopo, dal dolore e dall’infezione che le era sopraggiunta alla mano. Fu sepolta accanto alla sua povera capanna, su un fazzoletto di terra dove non cresceva nemmeno l’erba. Così l’ultima ingiustizia era stata fatta e il crudele re ebbe finalmente il castello d’oro che aveva sempre sognato. Tronfio e orgoglioso, ogni giorno camminava con i suoi lussuosi calzari, lungo i corridoi del castello che brillavano dorati. Carezzava con lo sguardo le volte, i soffitti, le colonne e le scalinate dell’abbagliante maniero. Dormiva fra le sete di coperte damascate, sognando tutta la potenza del mondo.


Ma un regno ha sempre bisogno di eredi, così il sovrano, compiuti cinquant’anni, si sposò con una giovane principessa che proveniva da terre lontanissime e in poco tempo la coppia reale seppe di aspettare un bambino. Il sovrano e la giovane moglie era felici ed eccitati al pensiero del prossimo nascituro, e ordinarono mesi di festeggiamenti che avrebbero accolto con tutti gli onori, la nascita reale. Ma nove mesi dopo rimasero impietriti alla vista della bambina che nacque in una gelida notte d’inverno. L’infante era orribile. Raccapricciante. Le braccine della piccola erano corte e di misura diversa. Il corpicino sbilenco, il faccino asimmetrico, con uno zigomo sporgente, la bocca enorme, e gli occhi piccoli e stretti come quelli di un topo. Non la si poteva guardare senza provare pietà e disgusto. Un fatto curioso fu notato subito dai medici e dalle balie che si prendevano cura di lei. Una strana voglia, a forma di anello, sulla mano sinistra dell’erede. Sembrava una fede matrimoniale.

Delusi e amareggiati, i sovrani, provarono e riprovarono ad avere altri figli mentre la loro unica figlia cresceva, deforme e terrificante. La bambina, ogni giorno, guardandosi allo specchio, si sentiva male alla vista della sua terribile immagine e così purtroppo, con il passare del tempo, divenne cattiva, irascibile ed infelice. Nessuna ricchezza al mondo poteva migliorare quel suo corpo sghembo e quel viso deturpato. Gli anni passarono velocemente e non arrivarono altri figli, così il re invecchiò presto, avvelenato dalla preoccupazione di lasciare come erede, una figlia spaventosa che, purtroppo, aveva anche un pessimo carattere. Quando la principessa compì trent’anni, il re, disperato promise a qualsiasi principe che l’avesse presa in sposa, il dono del suo amato castello d’oro. Se la principessa non prendeva marito, il potente regno sarebbe stato preda dei re vicini che ambivano la vendetta e ingolositi delle grandi ricchezze accumulate, già si stavano coalizzando per la riconquista del maltolto. Solo un giovane e coraggioso sovrano poteva difendere il castello e la corona. Molti principi arrivarono, attirati dalle promesse, desiderosi di entrare in possesso delle ricchezze del re, ma soprattutto dall’ambizione di possedere l’unico castello al mondo, fatto tutto d’oro. Ma tutti i principi, giovani e anziani, più o meno ricchi e potenti, perfino quelli che avevano disperatamente bisogno di fondi, non vollero sposare la bruttissima principessa. Nessuno voleva toccarla. Figuriamoci baciarla. Così qualche tempo dopo, disperato, il re morì. Il sovrano aveva vissuto nella tristezza, nello sconforto e nel dolore, gli ultimi anni della sua vita, chiedendosi perché il destino gli avesse fatto nascere una figlia così orripilante. Lasciò questa terra, con la certezza che il suo amato regno sarebbe andato perduto. Ma accadde un fatto incredibile. Misterioso e magico. Appena il sovrano chiuse gli occhi e spirò, per incanto, l’aspetto della giovane principessa cambiò! Il viso, le ossa, la pelle, tutto si trasformò e in pochi secondi l’essere deforme e orripilante lasciò il posto ad una giovane donna, bellissima e meravigliosa, con lunghi capelli dorati come il suo castello e gli occhi del blu più intenso di una gemma. Nessuno aveva mai visto un miracolo simile. E la fama della bellissima erede al trono si sparse velocemente. La giovane donna, libera dalla bruttezza, ritrovò la gioia di vivere e il sorriso. Così schiere di re e nobili, si precipitarono al castello per chiederla in sposa. La splendida principessa scelse un bellissimo principe, buono e coraggioso che certamente avrebbe protetto il regno, dando stabilità e benessere. Il giorno del matrimonio, la principessa disse sì al suo pretendente, e porgendo la mano per ricevere la fede nunziale, si accorse che la strana voglia a forma di anello era scomparsa. In quello stesso istante, un cespuglio di rose bianche nacque spontaneo sulla tomba della vecchietta e il sole tramontò tiepido quel giorno.


Fiaba e immagine di Lucina Cuccio


Commenti