Nelle mani dell'Idago
Abbiamo il piacere di pubblicare un racconto dell'autrice Lucina Cuccio.
La fiaba, ambientata nel mondo immaginifico della foresta, ci vuol far riflettere sulla forza dell'amore, in grado di superare le barriere dell'apparenza e di sconfiggere la crudeltà.
L'Idago, nella raffigurazione a cura di Lucina Cuccio.
Fra
le creature della foresta, l’Idago era una delle più terribili.
Feroce e crudele come la morte, era riuscito ad arrivare al comando
di tutti gli elfi, le streghe e i fantasmi della terra. Solo a
nominare il suo nome, le foglie degli alberi cadevano e i laghi si
prosciugavano. I fiumi si gelavano come investiti da una glaciale
tormenta di neve. Ogni animale che incontrasse l’Idago rimaneva
immobile, paralizzato dalla paura dei suoi occhi di ghiaccio, mentre
coloro che si fermavano a guardarlo un solo istante di più,
impazzivano e perdevano la memoria poiché lo sguardo del terribile
essere stregava i sensi e comandava la volontà. Era un re senza
castello ma con milioni di sudditi, vivi e morti. Nessun uomo era mai
riuscito a vederlo da vivo. Solo i fantasmi potevano vederlo e ne
erano terrificati.
L’Idago
era figlio di un imperatore puma e di un’aquila reale, allevato dal
ghiaccio e dalla morte. Gli era stato insegnato ad non aver paura di
niente, ad essere crudele e spietato. Dopo tre secoli dalla sua
nascita, aveva sottomesso i sovrani degli elfi e la regina delle
streghe, così lui stesso aveva assoggettato tutti i regni magici
della terra. La morte gli aveva regalato il potere di comandare ogni
spirito dell’aldilà che non avesse raggiunto la sua destinazione
finale mentre il padre e la madre gli avevano trasmesso la crudele
bellezza degli animali.
L’Idago
non aveva nome, e d'altronde non gli serviva poiché nessuno osava
rivolgergli la parola. Imponente e muscoloso, volava basso e veloce,
silenzioso come la neve. Aveva artigli più affilati di lame, denti
aguzzi come coltelli ma piume morbide e setose. Su
ogni parte del corpo, verde come le foreste, piccoli smeraldi
splendenti. Le ali, rosse come sangue, erano grandi e forti e camminava leggero, ma era
vigoroso come mille leoni e resistente come il ferro. Nessun essere
vivente era in grado di ucciderlo, poiché il suo cuore era protetto
dal ghiaccio e dalla morte. Così gli elfi erano piombati nella paura
e le streghe si nascondevano nelle valli solitarie pur di non
incontrarlo. La feroce creatura si nutriva di spine, uccelli e
serpenti. Non conosceva la pietà e non aveva mai provato tenerezza o
amore. Era solo come un monarca, ombroso e duro. Padrone per metà
del mondo, sentiva però che qualcosa mancava al suo impero. Tutto il
potere accumulato doveva tramandarlo ad un suo simile, ma lui era
unico al mondo. Non esisteva altra creatura come lui. Così decise di
catturare un essere vivente per farne la sua sposa e avere un figlio.
Elfi e streghe non lo attiravano così cominciò a cercare una donna
che fosse bella, di sangue nobile ma crudele come lui. Trovò tante
fanciulle che incontravano i suoi gusti, di nobile lignaggio, figlie
di re e imperatori, quando un giorno vide una bellissima ragazza che
zappava la terra. Non era né nobile né crudele ma bella come un
raggio di sole e sentendola parlare con le altre persone, buona come
l’amore. Per la prima volta la terribile creatura si innamorò di
un altro essere vivente. L’Idago era terrorizzato…perché mai si
sentiva così strano? Nel petto, il suo cuore andava a fuoco, il
respiro era affannoso e brividi di piacere percorrevano il suo corpo
piumato. Dimenticò l’umile origine della fanciulla, figlia di un
contadino, così la sera la rapì portandola nella sua caverna, fra
le foreste della Russia. Da secoli viveva in quella caverna
sconosciuta, ricoperta da pelli di animali e decorata da pietre
preziose. La ragazza, poverina, si ritrovò sola, nelle mani
dell’Idago, senza sapere chi fosse e cosa volesse da lei. Il posto
dove l’aveva portata era caldo per via dei fuochi accesi
all’interno e reso luminoso dalle migliaia di rubini e diamanti che
brillavano.
Tremante
chiese, stringendosi le braccia al petto: “Chi sei e perché mi
hai portato qui?”
L’Idago
fiutò la sua paura, ma decise di essere sincero. Cercava di non usare
i suoi poteri per influenzarne la mente e la volontà. Desiderava che
la fanciulla rimanesse lucida e cosciente di sé stessa, ma era
totalmente soggiogato dalla sua bellezza. Ciò che lui
stava provando aveva zittito la crudeltà del suo cuore. Così con
voce profonda le disse: “Sono il padrone di tutti i regni
sconosciuti della terra e comando gli elfi, le streghe e gli spiriti.
Ho diritto di decidere la vita e la morte di chiunque e sono di
nobile stirpe, ma ho bisogno di tramandare il mio potere e la mia
ricchezza e poiché non ho un erede ho deciso di sposarti e avere un
figlio da te. La tua bellezza mi ha fatto dimenticare che non sei di
sangue blu e crudele come me. Ma appena ti ho vista ho stabilito che
saresti stata la mia sposa.”
La
fanciulla sgranò gli occhi inorridita. Pensò: “Sposare un
animale, che benché molto bello, rimaneva una bestia? Terribile!”
Non
le importava se aveva poteri soprannaturali, ricchezze infinite, ed
era un re. Non le importava neanche se era un bellissimo animale. Lei
si sentiva un essere umano indifeso nelle mani di una brutale creatura.
L’Idago
quasi leggendole nella mente aggiunse: “Non devi aver paura di me,
non ti farò del male e come mia moglie, avrai tutto ciò che
desideri. Sarai rispettata, ma ciò che pretendo da te è la tua
fedeltà. I miei sudditi non mi amano e non sono miei amici. Quindi
non avrai contatti né con gli elfi né con le streghe poiché essi
non aspettano altro che ribellarsi e spodestarmi dal potere. Vogliono
le mie ricchezze e la mia reggenza.”
La
fanciulla si guardò allora intorno. Pregiate pelli di animali
fissate alle pareti e pietre preziose, ma quel posto rimaneva pur sempre
una caverna.
L’Idago
sorrise ed aggiunse: “E non preoccuparti per questa caverna. Non
vivrai qui… farò al più presto costruire un palazzo dove potrai
abitare ed esserne la regina. Non ti mancherà nulla, te lo prometto.
Ciò che solo desidero è che tu rimanga accanto a me per il resto
della tua vita…Ti chiedo troppo?”
La
fanciulla non rispose ma chinò la testa in segno di assenso. Aveva
accettato le condizioni dell’animale. D'altronde non aveva
alternative ma un profondo senso di rabbia e ingiustizia le invasero
l’anima. Era un ultimatum e lei, in fondo, non aveva scelta. Così, dopo pochi giorni, l’Idago sposò la fanciulla, e pochi mesi dopo,
la portò a vivere in un immenso palazzo di marmo rosa e oro bianco,
costruito dagli elfi e dalle streghe e nascosto dai boschi. Era
inaccessibile a qualsiasi essere umano.
Oramai
sposa del mostro, la fanciulla però era circondata da agi e
ricchezze infinite. Il suo sposo la colmava di premure, le faceva
mille regali, era gentile e affettuoso. Abiti sfarzosi, cibi
sopraffini. Nulla le era negato e l’Idago stesso le raccontava
storie bellissime ed avventure. Ma, nonostante tutto, essa
continuava a covare nel cuore rancore e rabbia. Non gli aveva
perdonato di essere stata strappata con la forza dalla sua famiglia,
dalla sua terra e soprattutto essere stata costretta a sposarlo. Così
si rivolse di nascosto ai sovrani degli elfi e alla regina delle
streghe per far imprigionare l’Idago, e in cambio, farla fuggire.
Lei avrebbe ceduto tutte le ricchezze, il palazzo e i regni del
marito. Così la sera del tradimento, la fanciulla fece bere
all’Idago, mescolato nel vino, una pozione che le streghe le
avevano dato per farlo dormire profondamente. Appena addormentato,
decine di elfi e streghe lo portarono nella sua vecchia caverna e
bloccarono l’ingresso con sbarre magiche fatte di odio e ira.
L’animale era schiavo di sé stesso ed infatti quando si svegliò
dal sonno profondo, impazzì di rabbia, e nel veder allontanare la
sposa che tornava alla sua casa, le gridò come un forsennato: “ Io
ti amavo e non ti ho mai fatto niente di male! Ti ho dato tutto ciò
che avevo e mi hai tradito. Mi hai fatto imprigionare dai miei
nemici! Ti avevo donato il mio cuore e mi hai pugnalato alle spalle.”
La
ragazza si tappò le orecchie alle urla del marito. Le era costato
averlo consegnato nelle mani dei suoi nemici, lo aveva fatto
soprattutto per orgoglio e per vendicarsi di essere stata costretta a
sposarlo contro la sua volontà, ma ora vederlo prigioniero, e il suo
palazzo invaso da elfi e streghe che festeggiavano la vittoria,
iniziò a dolerle il cuore. Ad ogni passo, punte di pentimento e pena
le pungevano il cuore. Si sentiva in colpa e giorni dopo, appena
arrivata a casa, si era già pentita di ciò che aveva fatto. Ma
ormai non c’era più nulla da fare, e la famiglia la riaccolse con
gioia. La fanciulla riprese la sua solita vita, fatta di lavoro,
fatica e miseria. Ma qualche settimana dopo si accorse di essere
incinta. Erano tanti giorni che aveva nausea e le girava la testa. Un
tempo sarebbe impazzita di orrore e paura nel dare alla luce chissà
quale mostro, ora invece ne era contenta poiché in tutti quei mesi
non aveva fatto altro che pensare all’Idago, alla sua gentilezza,
alle sue premure e ai mesi che insieme avevano trascorso nel loro
palazzo. Incredibile a dirsi, la ragazza si era innamorata del
marito. Pochi mesi dopo, di nascosto a tutti i suoi familiari che non
si erano accorti della gravidanza, in una vecchia capanna del bosco,
la fanciulla diede alla luce da sola il figlio dell’Idago. Non era
un animale, non aveva ali, né artigli, ma era un bambino come gli
altri. Aveva solo gli occhi uguali al padre, chiari come il ghiaccio.
Ma era un bambino bellissimo, più bello di qualsiasi neonato mai
visto ed era l’erede legittimo dei regni del marito. Fu in quel
minuto, nell’attimo esatto in cui lo prese fra le braccia che la
ragazza decise di tornare dall’Idago, liberarlo e fargli vedere il
figlio che aveva sempre desiderato. Tornò nella casa dei suoi
genitori con il bambino, raccontò loro tutta la storia, quindi li
abbracciò e li salutò per l’ultima volta. Aveva deciso di tornare
indietro, chiedere perdono al marito per il suo tradimento e dare una
famiglia al bambino. Quel bimbo così amato e così bello aveva
diritto a stare anche con il padre, vivere nel suo palazzo ed avere
una vita serena e felice. Così, lasciata la casa dei genitori, con
il bambino fra le braccia, camminò vari giorni, dirigendosi verso la
caverna dell’Idago. Ogni tanto si fermava, puliva il figlio e gli
dava il latte. Lo baciava e coccolava, fiera di aver dato alla luce
un bambino così bello e perfetto.
Il
cammino era lungo, e molte volte la ragazza dovette nascondersi
perché aveva visto arrivare qualche strega o un elfo. Aveva paura
che le impedissero di liberare il marito. Quando arrivò davanti
l’ingresso della caverna, l’Idago la aspettava davanti alle
sbarre poiché aveva fiutato già il suo arrivo. Era ritto, tetro e
ombroso, lo guardo duro come il granito. La fanciulla nascondeva il
bimbo alla vista del padre. Giunta davanti lui, con un nodo in gola,
mormorò pentita, timide scuse: “ Perdonami- gli disse contrita-
per tutto ciò che ho fatto. Ho voluto soddisfare la mia sete di
vendetta, ma ho capito che stavo sbagliando subito dopo essere andata
via…”
L’Idago
taceva.
La
ragazza gli si inginocchiò davanti, piangendo. “Scusami” implorava “io ti amo…ora ti amo. Ho impiegato un po’ di
tempo a capirlo, ma ti giuro che è vero!”
Silenzio
fra i due.
Allora
la fanciulla scostò la coperta nella quale teneva nascosto il
neonato e aggiunse: “Questo è tuo figlio…quel figlio che hai
sempre desiderato e che ti appartiene. Nella vene scorre il tuo
nobile sangue ed è il tuo legittimo erede.”
Il
bimbo aprì gli occhi e si specchiò negli stessi occhi del padre. La
rabbia e il rancore dell’Idago si sciolsero immediatamente alla
vista del bimbo e lo riconobbe subito come suo. Aveva i suoi stessi
occhi e il medesimo odore. Sorrise alla moglie e in quell’istante
le sbarre di ira e rabbia che lo tenevano prigioniero caddero a
terra. L’amore e il perdono avevano liberato l’Idago che
abbracciò la sua famiglia. Mille spiegazioni, mille parole e marito
moglie, per la prima volta, gioirono uniti nell’abbracciare il
bambino. Il crudele cuore del re era stato conquistato dall’amore e
dall’ indulgenza. Qualsiasi barriera al mondo può essere superata
dal cuore. L’Idago nascosta la moglie e il figlio nella caverna,
velocemente si diresse al suo palazzo e facilmente si liberò degli
elfi e delle streghe. Poche battaglie e i suoi nemici erano in fuga e
sconfitti.
Pochi
giorni dopo la fanciulla con il marito e il figlio, tornarono a
vivere nel palazzo di marmo e oro bianco, e si amarono per il resto
della vita. Nel cuore dell’Idago finalmente albergarono la pace e
l’amore. La crudeltà e la morte erano state sconfitte, e la
fanciulla fu felice di affidare la sua anima e la sua vita nelle mani
del marito e anche di dargli un nome. Il nome dell’Idago fu Lyubov,
che in russo significa amore.
Il bambino, principe dei regni della magia, crebbe in grazia e bellezza. Guidato dall’amore della madre e dalla forza del padre, divenne un re giusto e stabilì patti di pace con gli elfi, le streghe e i fantasmi. Non usò la cattiveria e la crudeltà per comandare, ma la giustizia e la bontà.
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